Le specie aliene invasive sono tra le principali minacce alla biodiversità globale. La loro introduzione, spesso accidentale o legata all'attività umana, può alterare il delicato equilibrio degli ecosistemi, specialmente negli ambienti d'acqua dolce, dove le specie autoctone sono spesso meno adattabili e più vulnerabili ai cambiamenti ecologici.
In Italia, in particolare nelle aree urbane e periurbane come quelle che circondano Roma, si sono insediate diverse specie acquatiche non autoctone, con conseguenze significative per la fauna locale. Tra le più problematiche vi sono:
- la testuggine palustre americana (Trachemys scripta), una testuggine d'acqua dolce americana comunemente rilasciata dal commercio di animali domestici;
- la gambusia (Gambusia sp.), pesce introdotto per il controllo delle zanzare;
- il pesce rosso (Carassius auratus), spesso abbandonato negli stagni pubblici;
- il persico trota (Micropterus salmoides) e il persico sole (Lepomis gibbosus), entrambi introdotti per la pesca sportiva.
Queste specie esercitano una pressione sulle comunità autoctone attraverso la predazione, la competizione, l'alterazione dell'habitat e, in alcuni casi, la trasmissione di agenti patogeni. Il loro impatto è particolarmente grave nei sistemi acquatici piccoli e chiusi, come gli stagni urbani e le fontane storiche
Impatto sugli anfibi
L'effetto sugli anfibi è particolarmente allarmante. Le specie autoctone, già sotto pressione a causa della frammentazione degli habitat, dell'inquinamento e dei cambiamenti climatici, soffrono notevolmente per la presenza di fauna invasiva. Ad esempio:
- Le gambusie predano direttamente le uova e le larve degli anfibi.
- Anche le testuggini alloctone predano direttamente uova, larve e adulti
- Il persico trota e il pesce sole consumano sia le larve che gli anfibi adulti, agendo come predatori al vertice degli ecosistemi in cui un tempo gli anfibi avevano pochi nemici naturali.
Le piante acquatiche invasive, come l'Azolla filiculoides e in particolare la Lemna minuta, aggravano ulteriormente il problema formando una fitta vegetazione che riduce i livelli di ossigeno, blocca la luce solare e limita i movimenti e l'attività riproduttiva degli anfibi.
La crescente presenza di queste specie invasive nelle aree verdi urbane, compresi gli stagni dei parchi storici, evidenzia come le introduzioni mediate dall'uomo stiano portando all'omogeneizzazione biotica e minacciando la biodiversità locale. Il loro controllo è essenziale non solo per proteggere la fauna autoctona, ma anche per preservare la funzionalità ecologica degli habitat urbani d'acqua dolce.
Nell'ambito dei nostri continui sforzi di conservazione, stiamo monitorando attivamente e rimuovendo le specie invasive dal Giardino Botanico di Roma, lavorando al contempo per ripristinare e migliorare le condizioni dell'habitat degli anfibi autoctoni. Il nostro obiettivo è promuovere comunità acquatiche resilienti, biodiverse e funzionali, anche all'interno dei confini di una città moderna.